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Chevrolet Corvette #Greenwood 007 - 1976
Chevrolet Corvette #Greenwood 007 - 1976
I MITI DI LE MANS Chevrolet Corvette #Greenwood 007
Tra i migliori preparatori di Corvette degli anni ’70, John Greenwood si mette in luce reinterpretando la C3 per il campionato IMSA. Invitata alla 24 Ore di Le Mans del 1976, questa vettura stabilisce il record di velocità prima di ritirarsi.
I principali “difetti” delle Corvette da gara sono da sempre la scarsa resistenza del motore all’uso prolungato ad alti regimi e l’adattamento della telaistica alle corse. Negli anni ’70, il pilota John Greenwood, fondatore con il fratello Burt del team sportivo Greenwood Corvettes, si specializza quindi nel rimettere mano ai possenti “Big Block” in alluminio, rendendoli più affidabili e in grado di reggere bene regimi fino a 8.000 giri/min, oltre che tirando fuori potenze finalmente degne di cubature così abbondanti. Per risolvere anche le difficoltà strutturali, nel 1974 Greenwood presenta una rielaborazione della contemporanea C3, la Corvette di terza generazione lanciata a fine 1967. Questa rivisitazione ha una nuova struttura tubolare, sospensioni riviste soprattutto posteriormente e una carrozzeria visibilmente allargata per ospitare pneumatici di sezione maggiorata. Il vero fiore all’occhiello rimane però il possente motore LS1 da 454 pollici cubici (7,4 litri), portato fino a 7,7 litri e dotato di bielle, pistoni e alberi più robusti, nonché di un sistema di iniezione messo a punto specificatamente: un motore che, con la benzina ad alto numero di ottano, arriva a produrre oltre 700 CV. L’auto non passa inosservata e per la prima volta John Greenwood considera la possibilità di costruirne qualcuna anche per altri clienti oltre che per il suo team, studiando addirittura una versione stradale che non vedrà mai la luce.
1. Vistosamente allargata per accogliere pneumatici maggiorati, la carrozzeria della C3 ha un ingombro che supera i due metri.
2. Alla definizione della linea ha collaborato la stessa General Motors, interessata al ritorno pubblicitario del progetto. Il design è stato curato dal capo progetto della Corvette, il belga Zora Arkus-Duntov.
3. Il motore V8 ZL1 è stato irrobustito per renderlo più resistente all’uso prolungato, ma conserva la costruzione interamente in alluminio.
© IXO Collections SAS - Tous droits réservés.
Tuttavia, dalla presentazione, che avviene a Detroit agli inizi del 1974, ai primi successi in pista passa parecchio tempo, perché sviluppo e messa a punto sono piuttosto lunghi: la Corvette con telaio n. 002, guidata dallo stesso Greenwood, ottiene la sua prima vittoria nel campionato IMSA solo a fine stagione, nella gara conclusiva di Daytona. L’anno dopo, nonostante appaia tra le più forti già dalle qualifiche, tra incidenti e problemi residui di affidabilità i successi si contano sulle dita di una mano.
1. Gli ampi sfoghi posteriori contribuiscono a ridurre la pressione all’interno dei vani ruota.
2. Gli alettoncini posteriori servono ad aumentare la portanza.
3. Il telaio costruito dalla Protofab di Bob Riley utilizza la parte centrale di quello di serie, ma con nuove sezioni anteriore e posteriore che sostengono sospensioni riprogettate.
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Le Corvette Greenwood “wide body” tornano in pista nel 1976 alla 24 Ore di Daytona e alla 12 Ore di Sebring, conquistando nel secondo caso una pole position a cui però segue un ritiro per noie alla frizione. Greenwood riceve comunque l’invito per la 24 Ore di Le Mans: qui le sue auto possono rappresentare un potenziale outsider, tanto che il governo francese sostiene addirittura una parte delle spese di partecipazione, e la previsione si rivela corretta. La Corvette con numero di telaio n. 007, guidata da Greenwood e dal francese Bernard Darniche, stupisce in qualifica conquistando addirittura il nono posto sulla griglia di partenza. In gara segna un altro momento storico toccando i 353 km/h, ma di nuovo non riesce ad arrivare al traguardo: l’esperienza termina infatti dopo cinque ore a causa di una foratura che danneggia le sospensioni posteriori e il serbatoio. L’auto viene poi ceduta al team statunitense Mancuso che la impiega in alcune gare nel 1977, ottenendo come miglior risultato un sesto posto nella Gara 1 del Trans-Am Road America di settembre.
A. John Greenwood è solito realizzare livree speciali a seconda della gara. Per la maratona francese fa scrivere “Spirit of Le Mans” sulla carrozzeria della sua vettura.
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B. Grenwood sulla Corvette n. 76 che divide con Mike Brockman alla 24 Ore di Daytona del 1976. In evidenza il motore V8 elaborato.
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C. Ancora la Corvette di John Grenwood e Mike Brockman alla 24 Ore di Daytona del 1976. Ritirati per problemi al motore, saranno classificati trentaquattresimi. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés.