De Tomaso Pantera – 1972

Cette collection est une adaptation de 24H Le Mans ® Le auto delle corsa più leggendaria al mondo Éditeur : Centauria Editore s.r.l. 

I MITI DI LE MANS De Tomaso Pantera

Potente ma dal motore un po’ delicato, alla sua prima 24 Ore di Le Mans la GT italo-americana contrasta fino in fondo la rivale Corvette nella sfida tra i pesi massimi del Gruppo 4 FIA.

La De Tomaso Pantera n. 30 pilotata da Fernando de Baviera e José Juncadella, una delle due vetture schierate dalla scuderia spagnola Montjuïch alla 24 Ore di Le Mans del 1972. Entrambe le vetture furono costrette al ritiro. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

Nata per sfidare la Chevrolet Corvette sulle strade d’America, la De Tomaso Pantera non impiega molto a rilanciare la sfida anche in ambito sportivo. Prodotta dal 1970 in Italia – per volontà e con l’aiuto di Ford – dalla Casa fondata da Alejandro De Tomaso, è un’auto interessante anche per le competizioni: i costi inferiori rispetto alle altre GT contemporanee – come la Ferrari 365 GTB4 e la Porsche 911 – e il V8 centrale la rendono infatti una vettura facile da elaborare e dall’ottimo potenziale, outsider interessante da schierare nel nuovo Gruppo 4 FIA che riunisce appunto le GTS o Gran Turismo Speciali, derivate da sportive di serie prodotte in almeno 500 esemplari l’anno. De Tomaso coglie l’occasione e allestisce tra la fine del 1971 e l’anno seguente una serie di 14 vetture da corsa: sei GT4 omologabili anche per la circolazione su strada e otto Gruppo 4 pronte-gara, quasi tutte cedute a scuderie delle società importatrici come la spagnola Montjuïch, la belga Dubois e la Societé Franco-Britannic.

1. Oltre alle sospensioni, anche lo sterzo è modificato sulle Pantera da corsa, che hanno una scatola guida dal rapporto più rapido.

2. I parafanghi sono allargati complessivamente di circa 10 cm e ospitano cerchi e ruote più generosi.

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La Pantera da corsa eredita da quella stradale scocca e schema delle sospensioni a doppi triangoli, ma ha un assetto rivisitato, nuovi bracci e parafanghi allargati per montare ruote più larghe e cerchi più grandi, necessari per ospitare i freni potenziati. La vettura, inoltre, è sottoposta a un fine lavoro di alleggerimento eseguito praticando una serie di fori nel telaio. Il motore Ford tipo Cleveland V8, elaborato dai motoristi della Bud Moore, passa dai 330 CV della versione stradale a oltre 450.

1. Il motore V8 “351” da 5,8 litri per le competizioni riceve nuove teste in alluminio con compressione maggiorata, distribuzione rivista e nuovi carburatori, ma ha ancora la lubrificazione a carter umido.

2. La struttura monoscocca della Pantera è più semplice del telaio a trave centrale delle altre De Tomaso, ma meno rigida. Diversi team rimedieranno con l’aggiunta di telaietti supplementari di rinforzo.

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Le prime Pantera a scendere in pista appartengono alle tre scuderie private citate sopra, che il 19 marzo del 1972 si cimentano nei test ufficiali a Le Mans. Qui, la vettura si dimostra veloce ma vulnerabile, con qualche problema di affidabilità a livello di motore, tanto che due vetture su tre non terminano la corsa, mentre la GT4 numero 30, guidata da Herbert Müller e Mike Parkes per il team Montjuïch, si classifica quinta.

Nei mesi successivi, varie De Tomaso Pantera scendono in pista collezionando buoni piazzamenti, in particolare ad aprile sul circuito di Montlhéry (European GT Grand Prix Paris), seconda prova valida per l’European GT Trophy, dove la GT4 della scuderia Franco-Britannic guidata dal francese Jean-Marie Jacquemin arriva seconda. Circa una settimana dopo il team Valtellina Racing ottiene un quinto posto, e il primo di categoria, alla 1000 km di Monza. 

A. La colorazione a due tinte delle Pantera da corsa, con il cofano e la parte inferiore nera, viene ripresa anche sulle versioni GTS stradali lanciate proprio nel 1972.

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B. Le Pantera stradali hanno quattro scarichi, quelle da competizioni soltanto due e con collettori 4 in 1 ispirati a quelli delle Ford GT40.

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Si tratta però di gare più brevi rispetto alla 24 Ore di Le Mans, dove i punti deboli del motore vengono messi a dura prova: a la Sarthe si iscrivono ben cinque Pantera, ma quella della Scuderia Brescia Corse non riesce a qualificarsi, mentre delle restanti quattro, ben tre si ritirano per cedimento del motore. L’ultima vettura, quella del team Dubois condotta da Jacquemin e dal belga Yves Deprez, ingaggia un duello di resistenza con la Chevrolet Corvette C3 del North American Racing Team di Luigi Chinetti. Alla fine la vettura americana, spinta da un V8 di 7 litri e pilotata da Robert Johnson e Dave Heinz ha la meglio, precedendo la Pantera del team Dubois di soli due giri.

C. La Pantera n. 32 del team Dubois nella zona box di Le Mans 1972 accanto alla seconda auto della scuderia Montjuïch, quella affidata agli svizzeri Herbert Müller e Cox Kocher. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

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