Jaguar XJR12 - 1990

Cette collection est une adaptation de 24H Le Mans ® Le auto delle corsa più leggendaria al mondo Éditeur : Centauria Editore s.r.l. 

I MITI DI LE MANS JAGUAR XJR12

Grazie all’affidabilità del suo V12 aspirato, e complici l’assenza del team Sauber-Mercedes e i problemi tecnici di Nissan e Porsche, alla 24 Ore del 1990 il team Jaguar TWR ottiene primo e secondo posto, bissando il successo di due anni prima della XJR9 con un’auto che ne è la diretta evoluzione.

La XJR12 affronta una delle nuove chicane appena introdotte lungo il rettilineo dell’Hunaudières durante la seconda sessione di prove libere del 1990. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

Dopo le cinque storiche vittorie, di cui tre consecutive, ottenute tra il 1951 e il 1957, Jaguar impiega 31 anni per tornare sul primo gradino del podio della 24 Ore di Le Mans. Il successo del 1988 arriva dopo un percorso lungo e faticoso, iniziato con la XJR5 nei primi anni ’80 e concretizzatosi dal 1985 con lo sviluppo della prima Gruppo C, la XJR6, poi evoluta nella XJR8 e infine nella vittoriosa XJR9. Con questa vettura il collaudato team Jaguar Tom Walkinshaw Racing (TWR) spera di bissare il successo nel 1989, ma deve arrendersi alla fortissima Sauber-Mercedes C9, convincendosi della necessità di un upgrade. Ci sarebbero le nuove XJR-10 e XJR-11 con motori sovralimentati da 3 e 3,5 litri, schierate rispettivamente nei campionati IMSA in America e Sport Prototipi in Europa, ma i loro V6 sono troppo delicati per autentiche maratone come Daytona e Le Mans, dove il buon vecchio V12 di derivazione stradale da 7 litri resta l’opzione migliore. Per il 1990 viene dunque sviluppata la XJR12, diretta evoluzione della XJR9, al punto che due delle nuove vetture sono realizzate su telai della serie precedente, inclusa quella che risulterà vincente. Del resto, le modifiche non stravolgono l’impostazione dell’auto, che conserva le misure di base, il passo, la struttura in carbonio e la meccanica, ma ne affinano l’aerodinamica per adattarla alle caratteristiche delle piste, con due configurazioni di cui una specifica per il nuovo circuito di Le Mans. Per ridurre la velocità massima e scongiurare i gravi incidenti degli anni passati, infatti, dall’edizione 1990 la FIA impone all’ACO di frazionare il lunghissimo rettilineo dell’Hunaudières tramite due chicane. Proprio le modifiche alla pista finiscono per avvantaggiare la Jaguar, mettendone fuori causa i principali avversari anche in modo indiretto: la Sauber-Mercedes, per esempio, decide di non iscriversi quando la FIA esclude la 24 Ore di Le Mans dal calendario delle gare valide per il Mondiale Sport Prototipi (World Sportscar Championship), in quanto i lavori di adeguamento del circuito non sono stati ultimati nei limiti di tempo richiesti.

1. Il motore V12 deriva dall’unità utilizzata sulle Jaguar di serie, ma con alesaggio e corsa incrementati fino a portare la cilindrata a 7 litri.

2. Le misure della XJR12 non cambiano quasi per nulla rispetto a quelle della XJR9. La carreggiata anteriore è però stata allargata da 1.500 a 1.550 mm.

3. Le grandi feritoie sui fianchi delle XJR9 sono qui sostituite da due prese d’aria NACA.

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Le altre avversarie escono invece gradualmente di scena nel corso della gara per guasti tecnici o incidenti, cosa che accade in particolare a tre delle quattro velocissime Nissan R90 dominatrici nelle qualifiche: tra queste, la n. 24 di Mark Blundell, Julian Bailey e Gianfranco Brancatelli, partita con il miglior tempo ma fuori già al 142° giro. Resta da superare lo scoglio delle Porsche 962, nello specifico quella del team svizzero Brun che ha ottenuto il secondo miglior tempo in qualifica, ma ancora una volta la sorte aiuta gli inglesi: dopo aver battagliato a lungo con la Jaguar n. 3, a circa un quarto d’ora dallo scadere della gara alla tedesca cede il motore, costringendo il pilota Jesús Pareja a un drammatico ritiro e permettendo alla squadra britannica di portare addirittura due vetture (la n. 3 e la n. 2) sui gradini più alti del podio.

1. Il profilo della carrozzeria è stato snellito rispetto alla XJR9 eliminando la grande presa d’aria sopra l’abitacolo e abbassando il profilo di circa 40 mm.

2. La carenatura delle ruote posteriori è una caratteristica dei prototipi Jaguar introdotta su alcune versioni della XJR8 e mantenuta successivamente.

3. La XJR12 con telaio n. 1090 è una delle Jaguar più vincenti: è lo stesso esemplare che, come XJR9 (telaio n. 288), si è aggiudicato la 24 Ore di Daytona del 1988, la 360 km di Tampa del 1989 e ha ottenuto numerosi secondi e terzi posti nelle gare del campionato IMSA GTP. 

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Il team vincente sarebbe composto, oltre che da John Nielsen e Price Cobb, dal cileno Eliseo Salazar (il cui nome compare sull’auto), che tuttavia nelle qualifiche non ha convinto e viene tenuto fuori: nei primi due terzi della gara gli altri due piloti si alternano al volante, facendo turni di guida doppi e tripli, mentre al mattino del secondo giorno il team manager Tom Walkinshaw sceglie di ripescare Martin Brundle dall’equipaggio della vettura n. 1, che si è ritirata al giro 220, e di affidargli la monoposto con più chance di vittoria.

A. La XJR12 n. 3 di Nielsen, Cobb e Brundle durante un pit stop notturno tra il 16 e il 17 giugno 1990. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

B. Molto popolare in Gran Bretagna tra gli anni ’80 e ’90, la marca di sigarette Silk Cut, a cui si deve la livrea bianca e viola della XJR12, è sponsor del team Jaguar dal 1984. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

C. Con più curve e velocità di punta inferiori, il nuovo circuito di Le Mans induce la Jaguar a optare per un assetto aerodinamico intermedio e più carico rispetto all’anno prima. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés. 

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