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Sauber C9/88 - 1989
Sauber C9/88 - 1989
I MITI DI LE MANS Sauber C9/88
Risolti i problemi tecnici degli anni precedenti grazie all’aiuto di Mercedes, che compare ancora come “semplice” fornitore, la monoposto del team svizzero Sauber fa finalmente sua la 24 Ore di Le Mans al termine di una gara condotta con astuzia e senza mai forzare il passo.
Nei suoi oltre cento anni di vita, Mercedes-Benz ha ripetutamente scritto il suo nome negli albi d’oro di quasi tutte le gare automobilistiche più celebri. La 24 Ore di Le Mans fa eccezione: sul circuito de La Sarthe, infatti, la Casa tedesca vanta una sola vittoria, nel 1952 con la 300 SLR. Potrebbero essere due se quella della C9 nel 1989 fosse conteggiata come un suo successo, ma non è così: nonostante il marchio che campeggia sul musetto e un massiccio travaso di tecnologia, la monoposto vincitrice di quell’edizione è “ancora” una Sauber, a differenza delle sue eredi C11, C291 e C292 che tuttavia non riusciranno a ripetere l’impresa.
1. Nel 1989 Mercedes-Benz ha investito più risorse nel programma Sauber e le C9 corrono nel classico color argento della casa di Stoccarda, quasi senza sponsor. Resta AEG, azienda di microelettronica che fa comunque parte del gruppo Daimler-Benz.
2. Sulla C9 è montato il motore M119, simile all’M117 ma con teste a quattro valvole e migliorie a bielle, pistoni e raffreddamento.
3. La configurazione per Le Mans prevede un alettone monoplano anziché a due lame e un supporto diverso da quello a traliccio usato in altre gare.
© IXO Collections SAS - Tous droits réservés.
La collaborazione tra la scuderia svizzera di Peter Sauber e il gigante di Stoccarda risale al 1985: dopo i risultati incoraggianti della C7 motorizzata BMW, che nel 1983 si è distinta in una gara stradominata dalle “solite” Porsche arrivando nona dietro otto 956 e davanti alla successiva, la squadra elvetica coinvolge Mercedes nello sviluppo della C8. In verità, inizialmente Sauber si limita a chiedere di poter utilizzare la nuova galleria del vento per i test aerodinamici, ma con risultati talmente interessanti da spingere la Casa tedesca a partecipare al progetto accettando di fornire il motore V8 di 5 litri serie M117, poi elaborato e sovralimentato dallo specialista elvetico Heine Mader. L’auto è veloce, ma ha problemi di affidabilità: nel 1985, a Le Mans, l’unica vettura schierata non corre per un incidente in qualifica e nel 1986 entrambe le monoposto al via si ritirano per noie meccaniche.
1. La carrozzeria e le sospensioni posteriori della C9 sono state ridisegnate rispetto a quelle delle Sauber precedenti.
2. Sulle vetture schierate a Le Mans, le feritoie sopra le ruote anteriori sono state sostituite da pannelli sigillati.
3. La scocca della C9 è in alluminio, come quella della precedente C8. Soltanto con la successiva C11 del 1990 si passerà a una struttura in carbonio.
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Mercedes però non desiste, moltiplica gli sforzi e per il 1987 aiuta Sauber a sviluppare la C9, evoluzione diretta della precedente C8. Tuttavia, la 24 Ore francese termina di nuovo con un doppio ritiri, mentre nel 1988 l’auto si dimostra affidabile e molto veloce, ma ha troppo carico aerodinamico, deleterio per le gomme che accusano preoccupanti cedimenti durante le qualifiche. Il team, incerto sulle cause del problema, sceglie di non schierare le C9 alla partenza, aprendo la strada al successo della TWR-Jaguar XJR9, che a fine stagione soffierà a Sauber anche il Mondiale Sport Prototipi.
A. Il coinvolgimento di Mercedes- Benz nel progetto è tale che il marchio della Casa appare anche sul volante.© IXO Collections SAS - Tous droits réservés.
Il 1989, finalmente, è l’anno buono: ulteriori affinamenti dell’aerodinamica e il nuovo motore V8 M119 rendono l’auto pienamente competitiva, consentendole di arrivare a Le Mans già in testa al Mondiale con un primo, due secondi e un terzo posto ottenuti nelle prime due gare a Suzuka e Digione. In questa stagione la 24 Ore non è una prova valida per il titolo, ma c’è voglia di portarsela a casa dopo le delusioni degli anni precedenti. In qualifica due C9 conquistano la testa della griglia di partenza e riescono a raggiungere i 400 km/h nel lunghissimo rettilineo dell’Hunaudières, che l’anno dopo sarà “rallentato” dall’introduzione di due chicane. Tuttavia, in gara, Sauber non cerca la supremazia immediata, ma lascia che siano i rivali a combattere per le prime posizioni, tenendo le sue tre vetture nella scia del gruppo di testa. Quando una dopo l’altra le Jaguar, le Porsche e le Nissan iniziano a pagare lo stress accusando problemi meccanici, le C9 prendono il comando chiudendo con la n. 63 di Jochen Mass, Manuel Reuter e Stanley Dickens al primo posto e la n. 61 di Kenny Acheson, Gianfranco Brancatelli e Mauro Baldi al secondo. La terza C9 (n. 62), pilotata da Jean-Louis Schlesser, Jean-Pierre Jabouille e Alain Cudini, si piazza quinta.
B. La vettura vincente durante uno dei pit stop. Sullo sfondo, il pilota Jochen Mass, in tuta bianca, si prepara al prossimo turno di guida. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés.
C. Nel 1989 le Sauber C9 sono le più veloci anche in qualifica, con due vetture in testa alla griglia di partenza. A vincere è però la terza C9, la n. 63, partita soltanto undicesima. © IXO Collections SAS - Tous droits réservés.